Per comprendere quale è la differenza tra gli stati di coscienza bisogna tornare al primo stato, che è il sonno. Questo è uno stato di coscienza interamente soggettivo. L'uomo è immerso nei suoi sogni, poco importa che ne conservi o meno il ricordo. Anche se qualche impressione reale raggiunge il dormiente, come suoni, voci, calore, freddo, sensazione del proprio corpo, esse non risvegliano in lui che immagini soggettive fantastiche. Poi l'uomo si sveglia. A prima vista, questo è uno stato di coscienza completamente diverso. Egli può muoversi, parlare con altre persone, fare dei progetti, vedere dei pericoli, evitarli, e così di seguito. Sarebbe ragionevole pensare che si trovi in una situazione migliore di quando era addormentato. Ma se vediamo le cose un po' più a fondo, se gettiamo uno sguardo sul suo mondo interiore, sui suoi pensieri, sulle cause della sue azioni, comprendiamo che egli è pressoché nello stesso stato in cui era quando dormiva. E anche peggio, perché nel sonno egli è passivo, cioè non può fare nulla. Nello stato di veglia, al contrario, egli può agire continuamente e i risultati delle sue azioni si ripercuoteranno su di lui e sulle persone intorno a lui. Eppure, non si ricorda di se stesso. Egli è una macchina, tutto gli succede. Egli non può fermare il flusso dei suoi pensieri, non può controllare la sua immaginazione, le sue emozioni, la sua attenzione. Vive in un mondo soggettivo di "amo", "non amo", "mi piace", "non mi piace", "ho voglia", "non ho voglia", cioè in un mondo fatto di ciò che crede di amare o non amare, di desiderare o non desiderare.
Non vede il mondo reale.
Esso gli è nascosto dal muro della sua immaginazione.
Egli vive nel sonno. Dorme.
Quello che chiama la sua "coscienza lucida" non è che sonno, e un sonno molto pericoloso del suo sonno, la notte, nel suo letto.
da "Frammenti di un insegnamento sconosciuto"
di P.D. Ouspensky - Casa Editrice Astrolabio
Tags:
Verso la Luce